Ed eccoci ad uno dei miei lievitati preferiti: la pizza.
Su questa preparazione occorre una premessa fondamentale: non sono un pizzaiolo e ritengo che la vera pizza napoletana sia solo quella fatta nelle pizzerie dotate di forno a legna 😉.
Detto ciò, i lievitati sono la mia passione: mi piace tantissimo il fatto che attraverso la combinazione di ingredienti semplici e la forza delle proprie mani si possa creare qualcosa di così buono.
La pizza in casa ha un sapore diverso dalla pizza che mangi in pizzeria, a me ricorda proprio la rusticità delle cose fatte in casa, quando le pizzelle fritte le faceva mia nonna (rigorosamente solo con pomodoro e parmigiano) e la pasta per pizza lievitava per poche ore, con un intero cubetto di lievito 😅.
Comunque, esigenze di digeribilità e – perché no? – anche voglia di mettersi alla prova mi hanno spinto negli anni a provare a fare la pizza in casa con la temutissima lunga lievitazione.
Dico “temutissima” perché i primi tentativi sono stati disastrosi, gli impasti tenaci come quelli per pizze, focacce e pane richiedono comunque degli accorgimenti; non si può, per esempio, pretendere di far lievitare per 24h un impasto utilizzando una farina debole .
Adesso, dopo vari tentativi, ho trovato la quadra per la mia pizza in teglia e ho capito due cose: a) i tentativi fallimentari servono sempre 😅 b) che l’impasto per la pizza è influenzato da troppi fattori per poter stabilire, con certezza , in anticipo, che con determinati quantitativi uscirà un impasto perfetto.
Mi spiego meglio, cercando di riassumere quello che ho capito nel corso del tempo su questa materia (e senza presunzione di esaustività 😁).
L’IDRATAZIONE: volersi spingere a tutti i costi su un livello di idratazione alto, secondo me, è controproducente. Una corretta idratazione dell’impasto, che dipende soprattutto dalla farina usata, permette di ottenere una pizza digeribile ma questo non significa che dobbiamo arrivare necessariamente all’80% di acqua sul peso della farina per ottenere un buon risultato. Quello che conta è conoscere la farina ed anche misurarsi con la propria capacità di gestire l’impasto, capire quando si è raggiunto il punto in cui l’impasto risulta morbido e liscio ma non eccessivamente appiccicoso (punto di pasta).
Per questo, consiglio di aggiungere buona parte dell’acqua all’inizio e poi procedere piano, piano, in modo da sentire se la farina e il nostro modo di impastare riescono a gestire tanta acqua.
LA FARINA: la farina è fondamentale. Per una lievitazione lunga (24h a temperatura controllata) e per una maglia glutinica elastica è necessario che il fattore W (che indica la forza) sia uguale o superiore, per le farine OO, a 260.
Una farina forte permette di assorbire più acqua nell’impasto (a questo mi riferivo prima) che, se incordato correttamente, riuscirà a formare un buon reticolo (l’alveolatura).
La forza è determinata dalle proteine presenti nella farina (la glutenina e la gliadina). Queste proteine hanno funzioni diverse: le glutenine rendono tenace ed elastico l’impasto mentre le gliadine lo rendono estensibile. Queste proteine a contatto con l’acqua e con l’energia meccanica sviluppano la maglia glutinica capace di trattenere i gas all’interno.
Se sulla farina che avete non è indicato il fattore “W” potete controllare che siano presenti tra i 10 e i 12 g di proteine per una farina di media forza.
LIEVITO: personalmente utilizzo lievito di birra fresco o secco, non sono ancora passata al partito del li.co.li e non so se lo farò perché devo ancora capire come usarlo correttamente.
SALE: lo aggiungo a metà impasto e prima di chiuderlo. Il sale nell’impasto aiuta a formare la maglia glutinica quindi è vero che non deve entrare in contatto con il lievito ma non va aggiunto proprio alla fine.
OLIO: nella pizza in teglia lo aggiungo volentieri, consente di dare un po’ di croccantezza all’impasto.
PIEGHE: le pieghe all’impasto servono quando l’impasto è poco tenace ovvero molto idratato e non incordato bene. Troppe pieghe rischiano di stracciare la maglia glutinica per cui occorre fermarsi quando il panetto risulta liscio ed omogeneo, se intravedete qualche piccolo strappetto, fermatevi subito😉.
PERCHÉ IL FRIGO?: la pizza, per essere digeribile, ha bisogno di tempo, il tempo che l’impasto maturi.
Ora, il tempo di maturazione dipende anche dalla farina usata, è chiaro che se si utilizza una farina debole, come ho specificato prima, non si può far lievitare l’impasto 24h. Più sarà forte la farina e più avrà bisogno di tempo a temperatura controllata.
L’ideale è far lievitare l’impasto a temperatura controllata in modo che la lievitazione, che è il processo chimico più veloce, rallenti e viaggi alla stessa velocità dei processi più lenti che si verificano all’interno di un impasto (proteasi ed amilasi). In questo modo, la scomposizione degli elementi (proteine e zuccheri) sarà già avvenuta con la cottura dell’impasto maturato ed il nostro stomaco avrà meno lavoro da fare 😊.
COTTURA: durante la quarantena ho sperimentato la cottura padella – forno (funzione grill) ma non ho apprezzato moltissimo il risultato (sicuramente è meglio, per questo tipo di forma e cottura un impasto meno idratato). Per la pizza in teglia preferisco una cottura a 250 gradi in forno statico per 12/13 minuti ma occorre preriscaldarlo in modalità ventilato (i forni domestici non garantiscono temperature costanti).
I tempi di cottura variano a seconda del proprio forno ma in genere procedo così: circa 6 minuti a contatto con la parte bassa del forno, senza condimento, 3 minuti con pomodoro e parmigiano nella parte centrale e gli ultimi minuti con il fiordilatte ed il basilico nella parte superiore. A mio avviso è meglio cuocere la pizza senza condimento per i primi minuti, in modo tale che il calore possa farla crescere maggiormente.
Per la pizza in planetaria il consiglio che vi do è quello di utilizzare sempre acqua fredda di frigo per non far riscaldare troppo l’impasto. Iniziare ad impastare a velocità bassa, con il gancio K (o foglia) la farina, il 60% di acqua presa dal totale ed il lievito. Una volta mescolati questi ingredienti, procedete aggiungendo piano, piano l’acqua e, ad impasto ancora grezzo, il sale. Una volta che l’impasto sta per staccarsi dal fondo della ciotola, aggiungete l’olio ed incordate, iniziando a velocità bassa per poi procedere a velocità media.
Quando l’impasto si stacca dalle pareti della ciotola, l’impasto è incordato e si può procedere alla pirlatura o eventualmente alle pieghe e successivamente alla pirlatura (se l’impasto è molto idratato).
Ad ogni modo vi lascio il video del procedimento dell’impasto a mano ed un video in cui si vede meglio la tecnica slap&fold per le pieghe e come portare la pizza stesa dal piano di lavoro alla teglia.
Per entrambi gli impasti ho optato per una lievitazione di 1h e 30′ a temperatura ambiente – 20h di temperatura controllata (frigo) – ed altre 4 h di appretto a temperatura ambiente.
P.S. Le pizze realizzate nel video sono state fatte con 200 gr di farina 0 Caputo Nuvola (quella a mano) e 300 gr tra farina 0 e farina di farro monococco (quella in teglia) per questo sono più piccole rispetto alla teglia.
Spero di essere stata chiara e non troppo prolissa ma la pizza merita qualche parola in più 😉.